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Accordiani in cattedra: Scala morbida per accordi duri
Accordiani in cattedra: Scala morbida per accordi duri
di [user #29446] - pubblicato il

Per chi non è cresciuto con il jazz, studiare e utilizzare le scale alterate è un ostacolo a volte insormontabile. Si assimilano ma non si suonano mai con la dovuta naturalezza. Con un notevole lavoro di ricerca, tanta curiosità e un estro vivace, l'accordiano Bend_it ci racconta come è riuscito a trovare la sua maniera di gestire queste scale. (Gianni Rojatti)

Quando da ragazzo studiavo chitarra con i vari maestri, secondo il tipico percorso della didattica moderna o della didattica jazzistica che dir si voglia, ad un certo punto, fatalmente, si arrivava alla scala superlocria e alle altre scale da suonare sul famoso dominante alterato. Io però non avevo un orecchio cresciuto a pane e Parker, avevo ascoltato i cantautori e poi il rock e il blues, la psichedelìa e tanto pop. La fusion e soprattutto il jazz li ascoltavo ma per auto-imposizione, perchè sapevo che avrebbero fatto crescere il mio orecchio e la mia cultura musicale, il mio linguaggio. Ma non mi appartenevano. 

Non c'era niente da fare, certi suoni, certe note, soprattutto chitarra alla mano, non sapevo proprio che senso avessero, né sapevo come dar loro un senso. Io, all'epoca ero a mio agio quasi esclusivamente con la pentatonica minore e con la scala maggiore; potevo suonare solo quelle cinque note su qualunque brano sentendomi soddisfatto, non avvertivo l'esigenza di usare tante altre note, meno che mai poi quelle note “stonate” che uscivano da una scala diminuita, da un'esatonale o, appunto, da una superlocria.

Accordiani in cattedra: Scala morbida per accordi duri

Poi, come spesso avviene, uno solo fra i tanti miei maestri indovinò la parola magica, quella parola o quella frase, che - sempre diversa- all'improvviso ti chiarifica tutto ciò che fino ad allora sembrava incomprensibile. Mi spiegò in poche frasi come far suonare quelle scale e quegli strani accordi, come interpretarli e come capirli.
“Innanzitutto il dominante alterato, per capirlo, lo devi ascoltare in tonalità minore, quello è il suo contesto naturale, lascia perdere la tonalità maggiore. In quei casi è quasi un prestito modale” e poi:  “Ma lo vuoi capire che le note alterate non sono altro che le note della scala minore naturale? E' la sensibile la vera nota estranea! La scala superlocria non fa altro che mettere insieme la scala minore naturale con la sensibile!”
Facciamo qualche esempio:
su MI7 (#9/b13), dominante di LA minore, le note sono mi, sol#, do, re, sol
su MI7 (b9/b13) le note sono mi, sol#, do, re, fa,
Effettivamente, l'unica nota realmente “alterata” è il sol#, sensibile di LA, appunto (e terza maggiore nell'accordo di MI). Tutte le altre note sono già contenute nella scala minore naturale, sono tutte note che a quel punto del brano sono già nell'aria da un bel pezzo, le abbiamo già ascoltate e la loro presenza, in realtà, non ci dovrebbe stupire poi così tanto, né sorprendere.
Vediamo allora le note della superlocria (tanto per contestualizzare):
mi fa sol sol#(lab) sib do re ...che poi sarebbe la scala di FA minore melodica.
A questo punto, in effetti, si nota come molte note siano in comune con la scala minore naturale, ma salta all'occhio un particolare: che ci fa, lì, quel Sib?
Non è una nota contenuta nella scala di La minore naturale. Si, ok, è un'alterazione possibile (b5) sull'accordo di dominante, ma non è poi così scontata, è un suono decisamente nuovo ed estraneo alla scala d'impianto.
Insomma, mani, occhi, testa ed orecchie cominciavano a capire e saper gestire ormai gran parte della superlocria, ma quella b5(del dominante) o b2 (della tonalità) il sib dell'esempio, insomma, mi continuava a pesare.

Accordiani in cattedra: Scala morbida per accordi duri

Partiamo dal presupposto che io studiavo jazz, ma ascoltavo e praticavo pop e rock. Certi suoni, quindi, non solo erano duri alle mie orecchie, ma erano duri anche per il contesto musicale in cui avrei potuto inserirli. Cercavo in effetti soluzioni più morbide, qualcosa di meno strano della superlocria (che nel frattempo mi suonava comunque sempre meglio) e meno arabeggiante della minore armonica, qualcosa che suonasse più fluido e che si potesse inserire in qualunque contesto senza risultare fuori luogo, anche nel pop, nella musica popolare, nel liscio, nel rock, ...ovunque.
Mi dissi allora che la scala ideale, per me, sarebbe stata una scala con le note della scala minore naturale con l'aggiunta della sensibile, ma senza quel sib; la volevo così:
mi fa sol sol# si do re mi
ma, aspetta aspetta, questa scala esiste già:
mi fa sol lab si do re mi : è il terzo modo della scala maggiore armonica di Do. Il Superfrigio o Frigio b4!
do re mi fa sol lab si usata sul MI7 alt
Eccola!Trovata e provata e ...funziona! E la cosa che mi rese più fiero è che nessun maestro, invece, mi aveva parlato di questa scala usata in questo modo! E' pure una trovata originale! Non so se è proprio inedita, ma almeno io ci sono arrivato da solo.
La scala maggiore armonica (detta anche scala di Hauptmann) viene usata normalmente solo nella cadenza IV m – I nella tonalità maggiore; in DO maggiore la cadenza Fam – DO nella quale il LA (sesto grado di do) si abbassa a Lab (terza minore di FA).
Viene detta “armonica” per via dell'intervallo di seconda aumentata che c'è fra la sesta minore e la settima maggiore e che ricorda la scala minore armonica. C'è in tanti pezzi classici, ma anche rock, pop, viene usata in tutti i generi (mi vengono in mente i Radiohead di “Creep”, gli Oasis di “Don't look back in angar”, Bowie di “Space oddity” per citarne solo alcuni e per ricordare che non cercavo una scala “jazz”, ma una scala che sapesse essere morbida ma precisa ed efficace, dura solo all'occorrenza).

Accordiani in cattedra: Scala morbida per accordi duri

Su questa scala si formano i seguenti accordi:
DO REdim MIm Fam SOL Lab+ Sidim
e con le settime:
Domaj7 Rem7/b5 Mim7 Fam/maj7 Sol7(b9!) Lab∆/#5 SI°7
Ed enarmonizzando il Lab a sol# ovviamente sul terzo grado abbiamo un MI7 con a disposizione b9/#9 e b13 (#5). Insomma qui di materiale a disposizione ce n'è tanto e si intravede anche la possibilità per qualche sostituzione interessante: possiamo infatti sostituire (o sovrapporre melodicamente) all'accordo di MI7alt. alcuni accordi, non tutti così scontati:
Fam: fa lab do (che per MI7 sono b9, 3 e b13 )
Rem7/b5: re fa lab do (che per MI7 sono 7, b9, 3, b13)
ed i più (jazzisticamente) consueti:
SI°7 = RE°7 = FA°7 = SOL#°7 che forniscono la b9 al MI7
e la triade aumentata di MI – SOL# - DO
Anche usata in Do maggiore, sul SOL7/b9, fornisce l'alterazione richiesta e null'altro; morbida, pulita, semplice ed efficace! Insomma, io sto ancora cercando di prenderci confidenza, ma vale la pena lavorarci, soprattutto per chi di voi (come me) sente l'esigenza di arricchire il fraseggio di note giuste anche sugli accordi più ricchi e particolari, meno consueti magari in ambito pop, e senza sfociare in sonorità direttamente e tipicamente jazzistiche con tutto il carico di aspertià e durezza che a volte quelle scale comportano. Una scala morbida per gli accordi più duri! 

Nota della Redazione: Accordo è un luogo che dà spazio alle idee di tutti, ma questo non implica la condivisione di ciò che viene scritto. Mettere a disposizione dei musicisti lo spazio per esprimersi può generare un confronto virtuoso di idee ed esperienza diverse, dando a tutti l'occasione per valutare meglio i temi trattati e costruirsi un'opinione autonoma.

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